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Pure

Elisa

Se avete amato l’autenticità di Fleabag, Normal People, Special, High Fidelity, Russian Doll, Crashing, Feel good guardate Pure su Rai play. 1 stagione, 6 puntate da mezz’ora e una vita messa a nudo.

Marnie, interpretata da una promettente Charly Clive, è una ragazza di 24 anni che combatte ogni giorno con pensieri intrusivi legati al sesso. Il giorno in cui le sue fantasie incontrollate iniziano a comprendere anche i suoi familiari decide di trasferirsi a Londra, sperando di riuscire a scappare da tutto e tutti, compresa se stessa.

Pure non è acuta come Fleabag e non scava a fondo come Normal People, ma offre un instabile e bellissimo abbozzo di realtà parlando di salute mentale, relazioni tossiche, lavoro precario, ansia sociale, identità. Il tutto filtrato dallo sguardo di una protagonista che per capirsi ha bisogno di cadere, di spogliarsi un po’ per volta, di soffrire e far soffrire. Il suo non è un percorso di crescita, ma di decostruzione. È una discesa precipitosa in cui perde pezzi e persone e guadagna il coraggio di aprirsi.

DA QUI SPOILER

L’unica pecca di questa serie è l’inconsistenza di alcuni personaggi secondari, lasciati un po’ troppo in superficie senza spiegazioni. Ce ne sono due però, Helen e Shereen, che pur essendo poco approfondite modificano il cammino della protagonista e ne tirano fuori il carattere, soprattutto Helen. L’umiliazione pubblica che Marnie subisce per colpa sua è straziante, è la spaventosa messa in scena di una fiducia tradita, spazzata via, temuta a lungo. Eppure quel legame, quella corda che le unisce, non si spezza. Semplicemente si allenta e si affievolisce qualche giorno dopo in un ultimo e sofferto abbraccio. L’amicizia complicata che viene ritratta qui appartiene a quella scala di grigi che abbiamo secondo me la necessità di osservare sempre di più, è l’assenza di una riproduzione in cui i confini dei sentimenti sono chiari, è la voglia di mostrare qualcosa di reale. E questo mi riporta alle serie che vi ho nominato all’inizio, perché è proprio quella l’autenticità di cui parlo e che spero di vedere ancora e ancora sullo schermo.

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