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Film

Marriage Story

Elisa

Marriage Story è da poco stato nominato a sei Golden Globes ed io non potrei esserne più felice. Il nuovo film di Noah Baumbach non è solo stato all’altezza delle mie aspettative, le ha ampiamente superate.

Esistono innumerevoli film, penso ad esempio a Blue Valentine e Eternal sunshine of the spotless mind, in cui si parla della fine di un amore in modi molto diversi tra loro. Cianfrance ha usato luci soffuse e poche parole, Gondry – anzi Kaufman – ha ripiegato su una fervida immaginazione. Per creare Marriage Story Noah Baumbach ha invece deciso di abbandonare ogni cornice e di fare dell’intreccio il suo punto di forza, affidando la sua brillante sceneggiatura a due interpreti in stato di grazia: Adam Driver e Scarlett Johansson.

Riferendomi all’arte in generale, credo di essere sempre stata più attratta dalle parole che da tutto il resto, perfino nelle canzoni ascolto prima il testo della melodia. Ognuno ha i suoi recettori, ognuno sa per cosa si illumina. E io sapevo che questo film avrebbe toccato in pieno le mie corde. Non mi aspettavo però che sarebbero stati più forti i silenzi, che avrei visto le parole invece di ascoltarle, che immagini nitide e fisse mi avrebbero colpito molto di più di un ottimo dialogo. Perché la verità è che dopo due giorni dalla visione di Marriage Story neanche me li ricordo i dialoghi. Ho una specie di fitta rete di istantanee in testa, che rimbalzano e fanno a pugni con i miei ricordi e quelli di altri, con realtà tangibili e immaginate, con passato e futuro. Per quanto la storia di Charlie e Nicole sia così ricca di precisi dettagli, riesce a essere universale. C’è un sottotesto che accumuna tutti.

In Marriage Story sembra non ci sia bisogno neanche di un’ambientazione, solo di una camera spoglia. I personaggi sono definiti, palpabili, veri. Ogni scena porta con sé un fardello emotivo enorme, fatto di piccoli gesti e sguardi fissi, di parole urlate e sottintesi. Mi ha spezzato più volte con estrema dolcezza, spesso in quegli attimi silenziosi difficili da afferrare. Ma i non detti, si sa, fanno rumore.

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