Un respiro diverso

Le nuvole di oggi coprono quasi tutto il cielo, sono cariche di acqua che forse neanche verrà giù. Sono le stesse di Paternal leave, il debutto alla regia di Alissa Jung in cui Luca Marinelli interpreta Paolo, un istruttore di surf romagnolo colto di sorpresa dall’arrivo della figlia quindicenne Leo dalla Germania. Lì come qui si respira aria d’estate nel grigiore, con tanto di luce bianca che illumina senza scaldare.

Paolo e Leo non si conoscono, sono due familiari stretti ma estranei. Quando lei piomba nella vita di lui lo fa con urgenza e imbarazzo, appare divisa tra il desiderio di abbracciarlo e quello di tiragli un pugno in faccia. Un conflitto interno espresso anche dalla mancanza di una vera lingua in comune, l’inglese maldestro che usano per comunicare e che comunica ben poco. Così, in assenza di parole, subentra un linguaggio emotivo, come uno sguardo che non si stacca per vedere la reazione dell’altro, e perfino uno musicale, spesso “artigianale” e realizzato sul momento (Giorgio Poi generatore di contatti magici). È nella composizione di questi piani che l’opera acquista spessore, senza diradare del tutto la confusione – le nuvole – ma permettendo di mostrare pian piano i confini delle cose.

Il meteo ha un ruolo fondamentale anche in un altro film focalizzato sul rapporto padre – figlia, ovvero Aftersun di Charlotte Wells. Lì l’estate scoppia, il sole brucia la pelle. Allunga le ombre di un padre sperduto e mostra l’impossibilità della figlia di comprenderle. Ombre che Paternal leave non tocca perché non hanno quell’intensità, quell’avvisaglia di perdita. Ricordano piuttosto l’immaturità descritta in Scrapper di Charlotte Regan, in cui però la possibile intesa tra i protagonisti passa per un altro canale ancora: il gioco.

Tre esordi femminili, tre respiri diversi – e forse Somewhere di Sofia Coppola che li contiene tutti.