Si è conclusa su Apple TV + The studio, la serie ideata ed interpretata da Seth Rogen che ha fatto emozionare i cinefili di tutto il mondo, costruendo un ottimo equilibrio tra satira all’industria cinematografica e grande amore per la settima arte. Nell’arco di dieci puntate, tutte della durata di 30 minuti circa, la comedy segue le vicende dei Continental Studios e del produttore Matt, immergendo il pubblico a contatto diretto col dietro le quinte di Hollywood. Oltre ad un cast principale, che comprende tra gli altri Bryan Cranston e Catherine O’Hara, compaiono camei formidabili di professionisti del settore nelle vesti di loro stessi, da Martin Scorsese a Ron Howard, da Steve Buscemi a Charlize Theron – e questi solo nei primi tre episodi.
Matt è ad un passo dalla promozione più importante della sua vita, quella che ha sempre sognato e che gli permetterebbe di avere un ruolo decisivo all’interno dell’azienda. Un salto che, però, comporterà dei compromessi, come gli farà notare il CEO Griffin, tra cui l’impossibilità di concentrarsi sulla produzione di film d’autore senza affiancarci quella di blockbuster. Anzi, i blockbuster dovranno avere la priorità, altrimenti gli Studios rischieranno il collasso. Così Matt, animato dall’esempio riuscito di autorialità e successo di Barbie, cercherà di rifilare a Martin Scorsese un film su un famoso drink, ma le cose non andranno affatto bene.
Tra riferimenti alla cultura pop e scene comiche irresistibili, The studio vive in una dimensione in cui, ad esempio, in un episodio si dice che il piano sequenza è soltanto un vezzo inutile e laborioso, eppure quello stesso episodio è girato in piano sequenza. È una serie che a volte va a braccetto con la spocchia cinefila, pur criticandola, facendo emergere le contraddizioni dell’industria e allo stesso tempo il desiderio di farne parte (emblematico l’episodio sui Golden Globe). Alla fine, però, ciò che conta, anche in mezzo alle crisi e alle ingiustizie, è salvaguardare le emozioni che il cinema può regalare.
The studio, definibile forse come la risposta americana a Boris e Dix pour cent, è già stata rinnovata per la seconda stagione.