Hearts beat loud – e recap di agosto
Un feel good movie scoperto per caso su Netflix e altri film belli visti questo mese.
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Rocketman è un biopic che fa dell’eccentricità la sua forza, sia nella scelta di atmosfere e costumi che nel contenuto. Anche se la ricostruzione della storia si muove tra fantasia e realtà, l’essenza di Elton John non si perde mai e anzi forse viene esaltata proprio grazie ai momenti più surreali.
Credo di aver scoperto Damien Rice grazie ai telefilm, alcuni dei suoi brani infatti sono stati usati ad esempio in O.C. o Dr. House. Ma è stato solo dopo aver visto Closer di Mike Nichols, in cui The Blower’s Daughter fa da cornice a un incipit perfetto, che ho iniziato ad ascoltare questo artista con più attenzione. Nel 2002 Damien Rice pubblica il suo album d’esordio O senza appoggiarsi a una grande casa discografica, producendosi anzi autonomamente. Il successo arriva praticamente subito, le sue canzoni spopolano non solo in Gran Bretagna e Irlanda ma in tutto il mondo, e l’anno dopo vince anche il Shortlist Music Prize. L’album è una meraviglia, delicato e graffiante, cupo ma anche pieno di vita. Oltre alla canzone più famosa, la già citata The Blower’s Daughter, in O ci sono anche Delicate e Cannonball. Quest’ultima è incredibile, melodie dolci si intrecciano alla nostalgia del testo mentre la sua voce è a un passo dallo spezzarsi. Come se trattenesse un pianto, un magone, ma senza mai rivelarlo e anzi trasmettendo una sensazione di profondo coraggio. Nel secondo album troviamo 9 crimes, una ballata che con suoni familiari spezza il cuore. Cantata insieme a Lisa Hannigan, sua collaboratrice fin dall’inizio, è indubbiamente una delle sue opere migliori. Il terzo disco, uscito nel 2014, è My Favourite Faded Fantasy in cui spicca I don’t want to change you. In generale il suo stile negli anni resta invariato, pur sperimentando verso il folk o verso il rock. Ciò che colpisce di lui infatti è da ricercarsi nell’animo, nella sensibilità, nella sua capacità di capirti e confortarti anche nei momenti più difficili. Le sue canzoni hanno questo potere, e non è poco.
Appoggia il bicchiere vuoto sul bancone. I cubetti di ghiaccio tintinnano. In sottofondo, musica di pianoforte. Lei si è alzata ed è uscita dal locale. Sei troppo egoista, ha detto. Non sei in grado di fare qualcosa per gli altri, per i tuoi figli, per me. Poi se n’è andata. Non ha voglia di piangere. Le dita tamburellano sul bicchiere, il ginocchio si alza e si abbassa, rapide contrazioni del polpaccio. Non è questione di giusto o sbagliato, è questione di miopia. Lei vede fino alla punta del proprio naso, lui molto più in là. E più in là ci sono i vantaggi che ciò che ha fatto garantirà a tutti loro, lei compresa. È lì che si trova la sua generosità. E tutti i sacrifici, la casa, i vestiti? aveva ribattuto. Le lezioni di chitarra e il corso di danza? Tutto questo non lo faccio per voi? No, in realtà lo fai per te stesso, mai solo per gli altri, aveva tagliato corto lei. Silenzio. Il chiacchiericcio prende il sopravvento sugli altri rumori, poi il pianista attacca con un’altra canzone. Il ghiaccio nel bicchiere si è sciolto. Butta giù in un sorso quel fondo tiepido, il retrogusto di Martini si sente appena. Il fatto è: tutti fanno le cose solo per se stessi. Poi, a volte, fanno del bene anche agli altri. Ma è un caso. Si alza e, prima di uscire, va verso il pianista. Ha talento, e sente l’esigenza di dirglielo. Lo raggiunge, aspetta che finisca il brano che sta suonando, e gli dice, bravo, sei proprio bravo. Silenzio. Il ragazzo non si gira. Ehi, ho detto a te, sei davvero bravo. Silenzio. Stupito, alza lo sguardo e incontra quello del barman. Muove appena il mento, aggrotta la fronte, e l’altro si batte due volte l’indice sull’orecchio.