Mine vaganti
Mine vaganti è indubbiamente uno dei film italiani più belli degli ultimi anni, un film che tratta temi delicati con leggerezza senza mai essere superficiale.
Mine vaganti è indubbiamente uno dei film italiani più belli degli ultimi anni, un film che tratta temi delicati con leggerezza senza mai essere superficiale.
Chi ha visto la trilogia dei Before di Linklater sarà portato a cercare delle analogie con Before we go, ma quasi da subito si accorgerà che, per quanto le circostanze possano sembrare simili, si tratta di qualcosa di diverso. L’atmosfera qui è molto meno romantica, meno sognante e più concreta.
Blue Valentine parla di un amore alla deriva, fra nuovi slanci e promesse spezzate. Racconta la storia di due persone che si amano e si aggrappano a ogni tentativo possibile per salvare il loro rapporto, ma racconta anche il modo meraviglioso in cui questo rapporto è nato. Derek Cianfrance (regista anche di The place beyond the pines) dirige Michelle Williams e Ryan Gosling con grande sensibilità, rispettando il dolore e esaltando il piacere di una coppia. La fotografia nitida e senza fronzoli restituisce poi un ritratto ancora più intimo, che si basa su dialoghi e silenzi, su spazi pieni e spazi vuoti, spesso avvolti in musiche delicate e quasi sussurrate. Dean e Cindy si parlano con gli occhi, nel bene e nel male. Traspare in loro una confidenza tale che rende un distacco ancora più doloroso, si vede l’amore intrinseco che li ha uniti e si riesce a sentire quanto male lo stesso amore ha provocato. La bellezza di Blue Valentine sta nel far trasparire le emozioni, e infatti le scene più emozionanti sono quelle ridotte a un solo sguardo, a un solo gesto. Questo è uno di quei film che ti lascia guardare le cose da fuori, dandoti i tuoi spazi, i tuoi tempi. E poi, improvvisamente, quando appaiono i titoli di coda, ti accorgi che quella storia, quella verità, quella sensazione in bilico fra la gioia e il dolore è già parte di te.
Ci sono delle piccole cose che si fanno quando ci si conosce da tanto, anche se sono passati anni. Gesti inconsapevoli che riemergono quando ci si rivede, sguardi d’intesa, parole che assumono un peso diverso. Blue Jay è il ritratto in bianco e nero di tutto questo, accompagnato da qualcosa di doloroso e inafferrabile: un’amara nostalgia. Jim e Amanda si incontrano per caso fra gli scaffali di un supermercato che si ricorda di loro. Sono passati vent’anni dall’ultima volta in cui si sono visti, da quel tempo così lontano in cui erano giovani e innamorati. Sorrisi e silenzio, imbarazzo e stupore. I loro occhi parlano anche se la loro bocca è titubante. E poi, in un battito di ciglia, si ritrovano immersi nei racconti delle loro vite. I ricordi sbiaditi, le promesse spezzate, i progetti disillusi. Pian piano ogni cosa riaffiora. Ed è così realistico il modo in cui accade, perché fra loro c’è un disagio contenuto che sbatte violentemente contro una familiarità tangibile. C’è nei loro sguardi e nelle loro parole la voglia di raccontarsi, di confidarsi e lasciarsi andare. Sono visibilmente frenati, stretti in un contatto che sembra confonderli sempre di più. Finché qualcosa si scioglie. E, fra laboriose fantasie e verità spontanee, Jim e Amanda si perdono in un’emozione più grande di loro.
Sono sempre stata affascinata dalle relazioni, dal modo che hanno di essere tutte una diversa dall’altra. In ogni coppia c’è qualcosa di unico e irriproducibile. Ci sono degli schemi che si ripetono, ma mai nello stesso identico modo. Questa serie tv, fatta di soli sei episodi, prende un’idea del tutto bizzarra e discutibile e ne fa qualcosa di più. Parte con leggerezza, sembra quasi superficiale, finchè puntata dopo puntata il lato drammatico e complesso dietro a un’apparente equilibrio inizia a insinuarsi in ogni scena, in ogni dialogo. E, alla fine, i dubbi e le domande invadono lo schermo. Qual è il limite? Dov’è che l’attrazione diventa sentimento? E si può davvero scindere le due cose? Joy e Alan, sposati da vent’anni e con tre figli ormai grandi, decidono di ravvivare la loro vita coniugale provando ad avere rapporti con altre persone. In un vortice di sincerità e omissioni, la loro idea però gli sfuggirà di mano. Quasi all’improvviso quella che è una piccola fessura nel loro piano perfetto diventerà una voragine. Durante la quinta puntata ci si ritrova come in una bolla, immersi in qualcosa di così intenso che è difficile interrompere. Qualcosa che ha un peso completamente diverso da quello che si è visto fino a quel momento. È violento, profondo, sincero. Diventa un dramma intimistico, una profonda riflessione su se stessi e sulla paura di soffrire. Mi ha davvero spiazzato. E l’episodio conclusivo, il successivo, è un altro groviglio di emozioni. Wanderlust mi è piaciuta tantissimo, l’ho sentita addosso. E quando l’ho iniziata non avrei mai pensato che potesse colpirmi tanto. Quindi beh, che altro dire, guardatela.