Doloroso, lento, pesante. Certe scene ti spezzano, sono devastanti con pochissime parole. I colori sono deboli, l’atmosfera è grigia, sembra quasi di sentire il freddo che sentono loro. Dentro e fuori.
Manchester by the sea è un colpo al cuore, un colpo al cuore senza lacrime.

Kenneth Lonergan, che per questo film ha vinto l’Oscar nella categoria “Migliore sceneggiatura originale”, scrive e dirige con grande sensibilità una storia piena di dolore e consapevolezza. Lee, un uomo con una vita solitaria, torna nella sua città natale per assistere suo fratello Joe, ricoverato in seguito a un attacco di cuore. Al suo arrivo però Joe è già morto e Lee scopre di essere il tutore di suo nipote, il sedicenne Patrick, e decide quindi di restare in città con lui. Attraverso alcuni flashback lo spettatore scopre poi il passato di Lee e il modo in cui la sua vita un giorno si spezzò per sempre.

In Manchester by the sea il dramma non è esposto, la tragedia non viene mai messa in primo piano. Sono le conseguenze, le fatiche quotidiane, i silenzi e le discussioni a emergere. Inoltre, le sofferenze che i personaggi affrontano non sono sempre dovute alla stessa causa. Si passa dal lutto alle delusioni adolescenziali con facilità, quasi a voler rimarcare il fatto che le sofferenze non hanno una gerarchia e che ognuno vive le cose a modo suo. Ho apprezzato in particolare l’attenzione data al ragazzo, ai suoi problemi semplici e a quelli complessi, ai suoi crolli emotivi e alla sua gioia.

Da questo film si esce distrutti, ma in qualche modo anche più forti.

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