Se con Materialists si assiste ad un inganno, ovvero una rom-com pubblicizzata come convenzionale e rivelatasi un ritratto crudo del romanticismo moderno, con Nobody wants this si ottiene ciò che ci si aspetta dal millennial dream Seth Cohen + Veronica Mars, ma con un apprezzabile upgrade. Perché nella seconda stagione è tempo di scoprire cosa accade alla coppia una volta formata, sforando i consueti titoli di coda che di solito arrivano proprio quando la relazione inizia. Noah e Joanne ormai conoscono il loro punto di rottura: lui è un rabbino che scegliendo di stare con una shiksa (donna non ebrea) rinuncia a parti della sua carriera e lei è una podcaster moderna che non ha mai osservato alcuna religione. Tra loro pende l’ipotesi di conversione di lei, una questione che entrambi sanno di dover affrontare e che entrambi rimandano. Lui non vuole essere invadente, lei non sente la “chiamata”, e finiscono per soffriggere in una procrastinazione perfetta. Il tutto tra un cameo divertito di Leighton Meester (moglie di Noah/Adam Brody) e uno di Seth Rogen.
Nobody wants this si sviluppa in una superficie consapevole, mainstream, ma non la scalfisce – e probabilmente non vuole scalfirla. D’altronde, di recente quando nella rom com si va oltre o si passa ad altro (Materialists), oppure spesso non si incontra la popolarità (Plus one, per dire un film, Starstruck, per dire una serie). C’è forse solo una serie abbastanza popolare ed in grado di scalfire quella superficie, quella dal titolo più banale di tutti: Love di Judd Apatow.
[dal numero L’ultimo animale della newsletter cortomiraggi su substack]

