I miei racconti

Fiori

Un uomo di mezza età ascolta Ed Sheeran La sua auto vecchia stona con Perfect. I finestrini abbassati in centro città Il suo volto fisso sul semaforo. Accanto a lui un ragazzo in bicicletta precipita a terra, la sua felpa ha mangiato lo specchietto. Sorride mentre si rimette in piedi, guardando l’uomo che sembra impassibile. Nella sua mano ci sono anche dei fiori, raccolti chissà in quale giardino, chissà per chi. Li lascia sul sedile di quell’auto, al posto del passeggero. Perché di fiori da prendere ce ne sono tanti, da ricevere forse un po’ meno.

I miei racconti

La nipote della neve

Gelsomini e tende bianche, cielo azzurro e aria di primavera. Il profumo inebriante dei fiori si diffondeva dalla terrazza all’ultimo piano di un vecchio palazzo del centro. Lì si nascondeva un cafè appartato e magicamente isolato dal rumore della città, sconosciuto ai più e amato dai pochi che avevano avuto la fortuna di trovarlo. Era il luogo degli incontri fra i solitari, dove decine di vite si sfioravano ogni giorno senza mai incontrarsi, dove non c’era bisogno di parlare per ascoltare. Il tavolino di vernice bianca era occupato come al solito dal vecchietto col cappello. Da una settimana arrivava alla stessa ora con un giglio bianco in mano e la pipa nell’altra, ordinava un caffè e leggeva il giornale scuotendo la testa. Poi semplicemente rimaneva lì, in attesa di qualcosa che sembrava non succedere mai. Quella mattina però non era come tutte le altre. Si alzò all’improvviso, appoggiò la giacca sulla sedia e si avvicinò lentamente al ragazzo seduto al bar. Anche lui silenzioso e abitudinario; barba incolta e capelli disordinati, camicia e occhiali da sole. Aveva l’aria di uno che non voleva essere disturbato, di uno impegnato a impegnare il tempo. Ma ormai quell’imponente presenza gli era già di fronte, che lo guardava dritto negli occhi fino a vedergli il cuore. Senza dire una parola il vecchietto lasciò il fiore sul tavolo e se ne andò. Sorpreso e confuso, il giovane si affrettò a leggere le poche righe del biglietto attaccato al gambo, c’era anche un numero di telefono. Lo stava già componendo, un’inaspettata curiosità lo spingeva a saperne di più, non riusciva nemmeno a ricordarsi l’ultima volta in cui aveva sentito il suo cuore rimbalzare in quel modo per tutto il corpo. Rispose una voce femminile, dolce e sensuale. Era lei, era la ragazza che aveva conosciuto una settimana prima sul treno, gli tornarono in mente i suoi occhi scuri come i capelli e quella pelle chiara come la neve. Si erano scambiati due parole, lei lo aveva aiutato a prendere il treno giusto e lui l’aveva ringraziata con un sorriso. Niente di più ordinario, niente di più straordinario. Anime affini spesso si incontrano senza conoscersi, rischiando di perdersi per sempre. Eppure a volte basta così poco. Una dose di coraggio, un incidente fortuito, un nonno che in stazione vede la magia fra due persone e decide di aspettare sette giorni prima di farla riaccadere. Perché sì, la ragazza era sua nipote. E sì, non avrebbe mai lasciato tutto al caso. Una folata di vento portò via le parole di quel pezzetto di carta, ma ormai il giovane le aveva già scritte dentro di sé. Era per strada, sempre più vicino a lei. E anche se non sapeva ancora come, era certo che avrebbe mantenuto la promessa. Stava andando a prendersi quel meraviglioso fiore.

I miei racconti

Fuoco alle polveri

Mio fratello ha sei anni, io dieci. Sono io quello grande, sono io quello che capisce le cose.
La scorsa notte i nostri genitori hanno litigato di nuovo, urlando a bassa voce. Ogni volta sono convinti di essere invisibili, di avere un particolare potere che gli permette di non farsi sentire. Ma noi li sentiamo, è come se fossimo lì con loro, sempre.

I miei racconti

Amori nella nebbia

Venezia, inizio ottobre. Le foglie iniziavano a cadere e nell’aria c’era già un accenno di nebbia. Pensai che non avevo l’ombrello e che sarei rimasta davvero fregata se avesse cominciato a piovere. Stavo andando in stazione quando un ragazzo con la giacca di pelle e una bella ragazza dai capelli lunghi mi tagliarono la strada. Si voltarono subito e mi sorrisero chiedendomi scusa. Andavamo nella stessa direzione e non potei fare a meno di guardarli. Erano molto vicini, camminavano in fretta. Lui parlava e la guardava per cercare una reazione sul suo viso, lei non si girava mai. Annuiva soltanto e andava avanti gesticolando, ma non si girava. Mai. Per un momento vidi il profilo di quel ragazzo biondo e il suo sguardo a metà fra l’agitazione e l’emozione. La guardò per più di qualche secondo rischiando di andare a sbattere contro un palo della luce. Era nervoso. Improvvisamente allungò una mano verso la sua, i suoi occhi erano di nuovo fissi su di lei e riuscivo a immaginare i battiti del suo cuore che aumentavano. Agitazione e emozione. Lei si girò. Uno sguardo fugace, una semplice occhiata senza significato. Ma lui ritrasse la mano subito e la mise in tasca. Da quel momento non la guardò più. Come se avesse capito, come se con quello sguardo lei gli avesse detto: “No, mi dispiace”. Dai, non poteva finire così. Magari era nervosa anche lei o davvero non gliene frega niente di te. Ma non puoi saperlo, vero? O forse sì, forse lo sai. Un uomo coi baffi mi pestò il piede senza chiedere scusa e quando rialzai lo sguardo la bella e il biondo non c’erano più. E non c’era più neanche quel momento di coraggio inconsapevole. Forse non ci avrebbe provato più, forse sapeva e basta. O forse era tutto nella mia testa mentre ascoltavo Bon Iver.