Voglio rivolgermi soprattutto a chi non l’ha vista ed è titubante all’idea di iniziarla o meno: Guardatela, entrate in questo mondo surreale, elaborate pensieri complessi sulla realtà che vi circonda. Interrogatevi, dubitate. Stimolate la vostra curiosità su questi temi, trovate in alcune scene l’ispirazione per leggere Kant e Hegel. Alla fine, a prescindere dalla deriva presa nella seconda stagione, Westworld merita attenzione.
Adolescenti emarginati, nostalgia anni 80, riferimenti ai romanzi di Stephen King e ai film di John Hughes, belle canzoni, superpoteri. I am not okay with this è ovviamente nelle mie corde, ma devo ammettere che per la gran parte della visione ho pensato fosse un mix di cose già viste. Nel finale, per fortuna, qualcosa interrompe la narrazione stereotipata – seppur godibile – vista fino a quel momento dandomi l’impressione che questa stagione fosse solo un’introduzione, un trailer molto lungo stroncato sul più bello. La seconda stagione sarà meglio della prima, me lo sento.
Se dovessi riassumere in poche parole ciò che mi ha lasciato BoJack Horseman direi così: tutti proviamo un profondo senso di angoscia esistenziale e tutto sta nell’imparare a conviverci. Insieme.
His dark materials è cupa, poco accogliente, quasi glaciale come il mondo di cui parla. Entrando cautamente in questo universo ho iniziato a conoscere luci e ombre di personaggi sfuggevoli, trovando nella loro complessità la voglia di andare più a fondo e vedere fino a che punto potevano spingersi. La resa sullo schermo è convincente e tecnicamente riuscita, ma con la lettura l’esperienza è decisamente più ricca.
La seconda stagione di Sex Education, forse anche più abilmente rispetto alla prima, si serve della trama per tirare fuori più argomenti possibili. Il tutto mantenendo la narrazione leggera senza dare più importanza a una cosa a discapito di un’altra, ma concedendo a ogni storia lo spazio di cui ha bisogno.