Tully è la terza collaborazione tra il regista Jason Reitman e la sceneggiatrice Diablo Cody dopo Juno e Young adult. Ognuno di questi film racconta l’interiorità vasta e complessa di donne ferite e forti mostrandone le reazioni di fronte a situazioni di crisi. Spesso il punto di rottura è già all’inizio, nella prima metà, e la narrazione si concentra sulle conseguenze che questo comporta usando toni più o meno drammatici. In Tully Charlize Theron – brava come non mai – interpreta Marlo, una madre che fatica a tenere uniti i pezzi della sua vita e che riesce pian piano a risollevarsi grazie a un’inaspettata amicizia.
Trovo quasi impossibile parlare di Tully senza svelarvi troppo. Prima di vederlo vi basti sapere che sarete di fronte a un racconto intimo e penetrante, fatto di dialoghi spontanei e lunghe confidenze. Affonderete gli animi in una storia di maternità caratterizzata da una veridicità che raramente si trova sullo schermo, e che purtroppo a volte viene tenuta nascosta anche nella vita di tutti giorni.
DA QUI IN POI SPOILER
Tully non è, come pensavo all’inizio, la storia di una madre in difficoltà che viene sorprendentemente aiutata da una tata abile e premurosa. È invece la descrizione minuziosa di una donna alle prese con la depressione post partum, è l’oscillazione tra realtà e fantasia, è la perdita di controllo su ogni cosa. Nel finale scopriamo infatti che la giovane Tully non esiste e che in realtà è solo il fantasma della protagonista da giovane. A questo punto i dialoghi visti tra loro fino a quel momento diventano improvvisamente parole al vento e il percorso di rinascita a cui ci sembrava di aver assistito si trasforma in finzione. Ciò che rimane è una donna sfinita che si scontra letteralmente con la realtà e non sa come rimetterne insieme i cocci. L’ultima scena però ci dà flebili e commoventi speranze. Le immagini rievocano i primi minuti del film in cui Marlo si occupa dei suoi figli, ma c’è un nuovo e fondamentale elemento in questo quadro. Vediamo anche il marito lì con lei, lo vediamo mentre si avvicina lentamente al suo fianco, prende una cuffietta dal suo orecchio e prepara la colazione.
C’è in questi pochi attimi tutto il significato della parola famiglia.
La depressione post partum è una condizione che ancora oggi tende a essere minimizzata e che in alcuni casi provoca quasi un senso di vergogna. Secondo il Ministero della Salute colpisce il 7-12% delle neomamme ed esordisce generalmente tra la 6ª-12ª settimana dopo la nascita del figlio. Quante donne allora tra quelle che conosciamo possono averne sofferto? In forma lieve, in forma pesante, quante? E quante hanno taciuto? Tully è il ritratto di una di loro.
Cercando di favorire la diffusione di storie che sensibilizzano il pubblico su temi simili vi consiglio di leggere Parlarne tra amici di Sally Rooney, in cui l’endometriosi viene affrontata forse per la prima volta in modo naturale e sincero, e anche il film 20th Century Women che più genericamente mette le donne di diverse generazioni a confronto.
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