Vedere serie o film tratti da libri mi affascina sempre. Quando poi, come nel caso di The Outsider, l’adattamento si distanzia dall’originale senza snaturarlo e anzi regalandogli nuova linfa sono ancora più felice. La casa di produzione HBO ha studiato il thriller soprannaturale di Stephen King, ne ha sviscerato i suoi punti forti aggiungendone altri e ha creato una miniserie che puntando sulla tecnica – dalla fotografia asettica alle musiche solenni – riesce a esaltare i lati più nascosti della storia.
Le opere di King sono perfette per essere portate sullo schermo e nei casi più fortuiti hanno dato vita a film in cui il regista è riuscito a esprimere anche la sua vena artistica, basti pensare a Shining di Stanley Kubrick. Insomma, arte che genera arte: il miglior risultato possibile. The Outsider, anche se naturalmente non raggiunge questi livelli, è nel suo piccolo un esempio di come cinema/televisione e letteratura possano raccontare la stessa storia usando al meglio le caratteristiche dei propri linguaggi. Se per esempio leggendo percepiamo dai pensieri del protagonista la presenza di qualcosa di oscuro, nella serie la possiamo avvertire da come la macchina da presa sembri sempre nascosta in un angolo, in agguato.
Richard Price, già apprezzato per aver lavorato a The night of, sviluppa molto bene quell’atmosfera cupa e misteriosa che pervade il romanzo. The Outsider infatti è basato sulla presenza nelle vite dei personaggi di qualcosa di razionalmente impossibile, qualcosa di soprannaturale che ricorda leggende realmente esistite (in particolare quella di El Cuco) o anche più ampiamente tutte le religioni. L’abilità di King, e anche del team HBO, sta nell’inserire queste stranezze un po’ per volta, attraverso l’incompatibilità di alcune prove o anche – ed è stata l’intuizione migliore del grande scrittore – l’introduzione di una figura bizzarra come Holly, ovvero l’incarnazione dell’inesplicabile.
Ci sono diversi dettagli che ho particolarmente apprezzato guardando la serie: dare l’idea del tempo che corre inserendo ogni tanto ticchettii assordanti, vestire i personaggi con i colori freddi dell’ambiente che li circonda, la scelta di realizzare scene sfocate e a rallentatore per evidenziare non solo lo shock dettato da momenti inaspettati e terribili, ma anche la difficoltà nel comprenderli. Quell’inesplicabile in pratica di cui parlavo prima, quella confusione che invade chi non ha risposte. The Outsider in realtà è tutto qui, è un giallo irrisolvibile che apre a riflessioni più grandi sulle forme di vita che non conosciamo ancora, su coincidenze che non sappiamo spiegare. Pur non amando il genere soprannaturale mi sono ritrovata questa volta molto coinvolta nella storia, forse proprio perchè, a prescindere dagli sviluppi impossibili, il mistero che l’avvolge è più reale di quanto vogliamo ammettere.
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