When they see us è la nuova miniserie Netflix in quattro parti che racconta il famoso caso del 1989 della jogger di Central Park, in cui cinque ragazzi neri vennero ingiustamente accusati di stupro e tentato omicidio.
La serie non ruota tanto attorno al caso giudiziario, ma alle vite dei ragazzi e al modo in cui sono state stravolte dopo la sentenza. Ciò che crea subito un coinvolgimento è il punto di vista. Non c’è distacco, si entra subito nella loro testa e nel loro corpo. Le ingiustizie che subiscono continuamente le subiamo anche noi e mentre il nostro fastidio cresce la loro paura aumenta.
Agli Oscar abbiamo visto il tema del razzismo declinato in diversi modi (basti pensare a Green Book e BlacKkKlansman) e negli ultimi anni l’abbiamo ritrovato sempre di più in serie TV, libri, canzoni. E per fortuna. Bisogna parlare, ascoltare, conoscere, sensibilizzare i più giovani. E When they see us lo fa benissimo, dando voce ai ragazzi e alle loro emozioni, mettendoli al centro di una scena ignobile e assurda, senza lasciare a chi guarda la possibilità di interpretare i fatti. Perché non c’è niente da spiegare, è tutto talmente chiaro che fa solo rabbrividire.
Prima di vedere When they see us non ero a conoscenza del caso. Se l’avessi letto da qualche parte probabilmente avrei provato “solo” fastidio e sgomento, ma guardando la serie credo di aver interiorizzato molto di più. L’ impatto visivo e l’empatia immediata sono destabilizzanti, tanto che è difficile distogliere lo sguardo. Ed è giusto così, bisogna aprire gli occhi.
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