Lento, delicato, poetico. Paterson è un film che richiede pazienza e attenzione, e la merita tutta.
Il giovane protagonista è un autista di autobus e autore di poesie. La sua vita procede monotona tra le strade della città e le braccia di sua moglie. Si sveglia, esce, lavora, incontra persone nuove, beve una birra, torna a casa, porta fuori il cane. Tutto in questa storia è comune, ordinario. Ed è proprio questo il bello.
Paterson è un’ode alla vita quotidiana, una poesia che risveglia i sensi e travolge chi spesso si dimentica delle piccole cose. Jim Jarmusch crea la meraviglia con la banalità, riesce a inserire gesti e situazioni semplici in una struttura perfetta, che si apre e si chiude lasciando addosso un bellissimo senso di pace.
Il punto forte di un film come questo, oltre alla sua emotività sussurrata, è il modo in cui ci viene presentato. Chi ama i dettagli sarà subito attratto da alcuni particolari come la ripetizione, sia nelle parole che nei gesti, e nella caratterizzazione di certi soggetti – ad esempio la moglie sempre circondata da forme geometriche in bianco e nero. Queste caratteristiche sono proprie della poesia, della sua forma e della sua struttura, e in questo modo Paterson non è più solo un film che parla di poesia, è poesia.
P.S. In una delle prime scene una meravigliosa sorpresa attende gli amanti di Moonrise Kingdom.
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