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Pose

Elisa

Prima di tutto Pose è qualcosa di diverso, qualcosa a cui non siamo abituati. Personaggi di solito secondari qui sono protagonisti, invadono la scena con la loro esuberanza, strappano lacrime con le loro interiorità. L’intera serie ruota intorno a fatti spesso tenuti nascosti, a storie non raccontate che qui hanno finalmente il loro spazio.

New York, 1987. Il fenomeno delle ball ha un grande successo diventando un punto di riferimento per la comunità LGBT. Tra sfarzose sfilate e musica a tutto volume emergono personalità diverse che solo in questo contesto riescono a esprimere senza filtri ciò che sono. Attorno a loro si sviluppa anche un’altra storia che vede un giovane uomo d’affari, sposato e con figli, invaghirsi di una transessuale.

In Pose si aprono continuamente nuovi capitoli e vicende parallele. Viene presentata la ball culture ma anche l’ascesa di Trump, si vedono i primi malati di AIDS trascurati dalla società, si assapora il sudore di un giovane ragazzo che insegue il suo sogno. In poche puntate si riesce ad avere una visione d’insieme, un quadro dalle pennellate contrastanti e decise che non lascia tanto spazio a interpretazioni e che invece alimenta momenti di riflessione.

Diretta da Ryan Murphy – ideatore di American Crime Story e Glee – Pose è quindi il giusto equilibrio tra eccentricità e delicatezza, tra esuberanza e sensibilità. E credo ci sia proprio bisogno di vedere sullo schermo storie come questa.

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