La gente stava arrivando da ogni angolo, riempiendo il parco fino a farlo scoppiare. Persone diverse con la stessa espressione, vite parallele unite dalla musica. Erano tutti in cerca di qualcosa, convinti di poterla trovare proprio quella notte. Avevano la faccia di chi spera, di chi crede, anche se non sa ancora in cosa.
Lei ballava da sola, gli occhi socchiusi, le mani in alto.
Lui si scatenava assieme ai suoi amici, cantava stonando, rideva.
Il concerto era iniziato da poco più di un’ora ed erano entrambi impazienti di ascoltare la loro canzone preferita, quella per cui erano lì. La stessa.
I Lumineers la suonarono per ultima, a luci spente. Nessuno fra il pubblico si permetteva di cantare sopra a quell’unica voce, nessuno parlava, nessuno ballava. Erano tutti fermi, in attesa di risposte che sarebbero arrivate, risposte a domande che neanche immaginavano.
Durante il pezzo era nata una strana connessione fra i due, qualcosa li teneva uniti senza dargli modo di girarsi, senza mai lasciare che si scoprissero.
Ballarono assieme senza muoversi, si guardarono negli occhi senza vedersi, riuscirono a malapena a respirare. Erano legati a distanza, costretti in un contatto impalpabile. Due incoscienti con i piedi per terra, persi nella storia di qualcun altro.
“Dead Sea” parlava di scommettere su un amore, di vivere fianco a fianco per non affondare mai più. Parole improvvisamente chiare, precise, reali. Le conoscevano a memoria, finalmente le catturarono. Un’istantanea raccolse le loro emozioni, reali come dentro a un sogno.
Mancava solo una strofa, pochi attimi prima che tutto finisse.
Chiusero gli occhi, immobili, connessi a luci spente.
Il vento li spinse uno contro l’altro, stesso respiro, stesso battito.
La musica scomparve, loro no.
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