Everything everywhere all at once è un tornado di cose folli e bellissime. Mi ha catapultato ovunque e tutto in un colpo (il titolo non potrebbe essere più azzeccato) e, nel farlo, mi ha tolto per un po’ dei pesi di dosso. Di quelli che forse non sapevo neanche di avere, quelli persi nel mucchio caotico della vita. Accumulati, dimenticati, in grado di essere ingombranti senza farsi notare. Li ho visti quando il frastuono si è trasformato in silenzio, all’improvviso, e mi sono quasi commossa guardando due sassi discutere nel mezzo del niente.
Evelyn (Michelle Yeoh) ha una lavanderia a gettoni e un matrimonio in crisi. È frustrata, arrabbiata, non riesce a comunicare con la figlia. Tutto si capovolge quando, mentre è incastrata con un controllo fiscale, sarà chiamata ad entrare in un altro universo per salvare il suo. Lì incontrerà nuove versioni di sé, delle persone che conosce. E, scavalcando tutti i mondi possibili, imparerà a scavalcare le difficoltà.
I Daniels (Daniel Kwan e Daniel Scheinert) ci avevano già abituato a una sensibilità bizzarra con Swiss army man, il film con Paul Dano e Daniel Radcliffe naufraghi su un’isola deserta. E la loro potenza creativa, con EEAAO, si sprigiona oltre ogni limite. Scelgono una struttura trasparente, con un arco e anche un cuore che il pubblico può inquadrare in fretta, e ci mettono dentro di tutto. I conflitti generazionali, sentimentali. Il superamento dei confini, ma anche il rispetto dei confini (il rapporto madre-figlia è splendido). E poi tantissimo cinema, con Easter Eggs che spuntano in continuazione.
Insomma, EEAAO è un mucchio di cose, a ben vedere anche una rappresentazione onesta dell’ADHD. Ma, per me, è stato soprattutto un inaspettato feel-good movie.