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Special

Elisa

Special è una di quelle comedy che rivedrei all’infinito. È onesta, spiritosa, toccante. Porta in scena sguardi che raramente si vedono sullo schermo, li esalta. E celebra anche le meravigliose potenzialità dell’amicizia, quella vera.

La serie nasce dal romanzo I’m special: and other lies we tell ourselves di Ryan O’Connell, anche interprete e regista della serie, e racconta le fatiche quotidiane di un ragazzo gay con paralisi cerebrale. Lo incontriamo nel momento in cui decide di dare una svolta alle cose, di uscire dal guscio, e lo seguiamo incastrarsi tra dubbi e le difficoltà, tra euforie e legami nuovi. Il tutto con toni che ricordano Please like me o Never have I ever, serie fresche e originali che non evitano la complessità e che, anzi, la abbracciano.

Fin dalla prima stagione, acerba ma già vincente, ho avuto un colpo di fulmine per Kim (in foto). Lei è la guida spirituale di Ryan, la sua confidente e spalla, ma non è solo questo. È un groviglio di cose, è una che sbaglia, soffre, cade, si rialza, ride, ama. E il suo percorso non si sofferma, come spesso accade nelle narrazioni legate a corpi non conformi, solo sul suo aspetto. Con Kim si va finalmente oltre, si scoprono le sue paure e i suoi desideri, le sue particolarità. Tanto che, giunti alla fine della seconda stagione, si ha la sensazione che sia diventata a tutti gli effetti una co-protagonista. E ci sono anche altri personaggi secondari, come Henry e Karen, che pian piano emergono e attraggono. Special infatti tende a mostrare più sguardi, a renderli validi, ed è per questo che sapere della sua cancellazione è una grande delusione, perché una serie così avrebbe potuto approfondire una miriade di storie nuove. Una miriade.
Ma almeno esiste, e allora godiamocela.

Special, Please like me e Never have I ever sono disponibili su Netflix.

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