Ieri ho visto Jim e Andy, il documentario in cui Jim Carrey commenta i video del backstage di Man on the Moon lasciandosi andare a confidenze sul suo passato e la sua identità.
Il film del 1999 di Miloš Forman (Qualcuno volò sul nido del cuculo, Amadeus) racconta la vita di Andy Kaufman, un comico eccentrico e innovativo degli anni Settanta che basava i suoi spettacoli su una sorta di anti humor creando nel pubblico un senso di spaesamento. Il limite fra lo scherzo e la realtà era quindi molto sottile, non si capiva sempre se fosse tutta una farsa oppure no. Per interpretare Andy in Man on the moon venne scelto Jim Carrey.
Grazie alle immagini del backstage, rimaste inedite per quasi vent’anni, possiamo vedere quanto Jim non solo interpretasse Andy, ma pian piano lo stesse diventando. Non usciva dal personaggio una volta finite le riprese, ma tendeva a estendere l’esperienza artistica per evitare un ritorno al suo vero io. Dando nuovamente vita a Andy si è quindi spinto oltre, al punto da dimenticarsi chi era davvero e riuscendo in questo modo a trovare una forma transitoria di felicità. Da qui nascono, durante l’intervista del 2017, le sue riflessioni sull’identità artistica e non solo.
Commentando alcune scene del backstage Jim Carrey si sofferma sul passato, raccontando come ogni ruolo sia legato a una fase particolare della vita. Mentre girava The Truman Show si sentiva veramente in una bolla e interpretando Joel in Eternal sunshine of the spotless mind non doveva fingere di avere il cuore spezzato perchè in quel momento ce l’aveva davvero. Il suo sembra quasi un lavoro di simbiosi coi personaggi, un tipo di esperienza che va oltre quella cinematografica, un esempio di come l’arte si mescola alla realtà.
La trasparenza di Jim Carrey nel raccontarsi mi ha commosso più del previsto. Con poche parole riesce a tirar fuori dubbi e insicurezze, idee sulla spiritualità, piccoli insegnamenti di vita. Il suo tono di voce è calmo, naturale, come se non avesse più paura di alcun giudizio sulla sua persona.
Jim e Andy mi ha ricordato quanto ghiaccio ci sia sotto la punta dell’iceberg, sotto la parte visibile, di ognuno di noi.
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