Non vi ho mai parlato di BoJack Horseman prima d’ora, l’ho sempre trovata un’impresa impossibile. Avevo troppe cose da dire, troppe emozioni da elaborare. Questa serie può avere le sembianze di un buco nero, ti risucchia se glielo permetti, e se ti piglia nel momento in cui le tue difese sono basse ha il potere di rivoltarti come un calzino. Ed è un bene, un bene enorme, è terapeutico. Ma una volta che l’episodio finisce tu ci sei ancora. E devi fare i conti con dubbi radicati, fragilità scoperte, paure sommerse. Cose che quando hai iniziato a vedere una serie animata con un cavallo parlante non avresti mai pensato di dover affrontare.
DA QUI IN POI SPOILER
Tutto per me è cominciato con il quarto episodio della terza stagione: Un pesce fuor d’acqua. Il silenzio di quella mezz’ora mi ha connesso a qualcosa che covavo dentro, un disagio che avevo tentato di reprimere e che finalmente provavo a esprimere. In quel momento le mie difese erano basse, probabilmente perché da qualche tempo avevo seriamente iniziato a guardarmi in faccia. E quando ti vedi, quando ti scopri, vuoi andare più a fondo, vuoi capire. E così ti fai assorbire da chi sembra capirti.
Negli anni però ho imparato a vedere in BoJack atteggiamenti che il sarcasmo non riusciva più a smorzare. Certo, continuavano a divertirmi, ma il bagaglio emozionale che si portavano dietro era troppo grande per lasciarmi solo un sorriso. Guardare la serie a cuor leggero era impossibile ormai, per fortuna.
L’ultima stagione, e in particolare la seconda parte, ha presentato il raccolto di ciò che era stato seminato. Ha tirato le fila della storia concludendosi nel migliore dei modi. Ha evitato forzature narrative tipiche del genere e ci ha fatto vedere ciò che eravamo finalmente pronti ad affrontare, come se l’intera serie fosse stata una lunghissima terapia di gruppo: il distacco dal nostro BoJack interiore. Un allontanamento che è diventato necessario, vitale. Tanto quanto lo è stato fare la sua conoscenza.
Se dovessi riassumere in poche parole ciò che mi ha lasciato BoJack Horseman direi così: tutti proviamo un profondo senso di angoscia esistenziale e tutto sta nell’imparare a conviverci. Insieme.
Grazie di cuore BoJack, “è stato bello finché è durato”.
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