NEL MIO COMMENTO SARANNO PRESENTI SPOILER, per leggere la mia opinione più generica su questa serie qui trovate l’articolo che ho scritto sulla prima stagione.
Ho sempre amato le storie di formazione, quelle in divenire. Quando ero adolescente cercavo film e serie che mi assomigliassero, tentavo in qualche modo di capire di più com’ero fatta attraverso le storie di altri, anche se fittizie. Crescendo ho continuato a interessarmi a questo genere e mi sono accorta, come sicuramente molti di voi, di quanto le serie adolescenziali fossero spesso molto simili tra loro e molto lontane dalla realtà. Per fortuna c’erano anche My mad fat diary e Skins, ma erano delle eccezioni. Sex Education si inserisce perfettamente in questo filone di eccezioni e lo scorso anno, insieme a Euphoria, ha segnato una piccola svolta per i teen drama.
La seconda stagione di Sex Education, forse anche più abilmente rispetto alla prima, si serve della trama per tirare fuori più argomenti possibili. L’intreccio è quasi un pretesto per rendere delle lezioni di educazione sessuale divertenti. Le informazioni vengono a volte date attraverso vere e proprie gag inserite alla perfezione nella storia, penso ad esempio a quella sulla sifilide. Ci sono poi tutti gli incontri tra Jean e gli studenti che offrono a chi guarda un modo per ascoltare dialoghi che solitamente restano privati. In uno di questi è emersa l’asessualità, qualcosa di cui davvero non si parla se non in rarissime occasioni (mi viene in mente solo BoJack Horseman). Nell’arco di otto episodi questa stagione riesce a trattare anche di pansessualità, vaginismo, confusione sul proprio orientamento, consenso, pillola del giorno dopo e un sacco di altre cose. Il tutto mantenendo sempre la narrazione leggera e senza dare più importanza a una cosa a discapito di un’altra, ma concedendo a ogni storia lo spazio di cui ha bisogno. Tra tutte ho trovato particolarmente riuscita la scena in cui Aimee si confida con le altre ragazze e racconta di come si è sentita quando ha subito delle molestie sessuali su un autobus. In questo caso il potere della condivisione è stato fondamentale, ha permesso non solo a lei di aprirsi ma anche alle altre. E quando sono salite tutte insieme sull’autobus è stato bellissimo, quasi catartico.
Ho inoltre notato in questa stagione un’attenzione maggiore ai sentimenti, e non solo a quelli degli adolescenti. C’è più profondità nella costruzione delle diverse trame e, anche se gli sviluppi da seguire sono tanti, raramente si risolvono nella banalità. Naturalmente alcune storie evolvono in modo più scontato di altre o tendono all’esagerazione, ma nel complesso riescono nell’intento di raccontare più realtà. Perché è importante, soprattutto per un pubblico giovane, vedersi rappresentati con sincerità sullo schermo. Anche se si tratta di una scena, di un solo dialogo, di un piccolo gesto. Vedere che non si è gli unici a provare certe cose attenua la vergogna nel parlarne, permette di aprirsi con se stessi e con gli altri. E una serie come Sex Education nella vita di un’adolescente può davvero fare la differenza.
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