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Film

J’ai perdu mon corps

Elisa

Tra le novità più interessanti di questo periodo c’è J’ai perdu mon corps, film d’animazione di Jérémy Clapin premiato quest’anno a Cannes e distribuito da Netflix.

Esiste una pratica orientale usata soprattutto nella meditazione che consiste nel concentrarsi su ogni parte del corpo partendo dai piedi. Sembra un esercizio banale e sciocco, ma in realtà permette di prendere consapevolezza di sé, di uscire dalle proprie abitudini e focalizzarsi su cose che diamo per scontate. Dalle unghie dei piedi ai lobi delle orecchie. J’ai perdu mon corps mi ha trasmesso questa semplice e fondamentale sensazione, trascinandomi in una sequenza delicata e poetica di esperienze sensoriali che spesso prescindono da un senso logico.

Le scene iniziali, ancora prima dei titoli di testa, preannunciano una trama poco lineare e molto metaforica. Per vivere al meglio la potenza di questo film bisogna abbandonarsi ai sensi, lasciarsi trasportare e fare insieme al protagonista un viaggio alla scoperta di se stessi. Si tratta però di una ricerca interiore che ha a che fare più con il corpo che con la mente. Ed è questo che personalmente ho trovato innovativo. J’ai perdu mon corps ci ricorda che un corpo ce l’abbiamo eccome e che, in un mondo che fa di tutto per allontanarci dalla fisicità delle cose, forse dovremmo imparare ad ascoltarlo.

Da qualche anno ho un occhio di riguardo per il mondo dell’animazione, credo stia diventando un linguaggio sempre più affinato e in grado di offrire spunti nuovi. Tra le cose più belle che ho visto ultimamente vi segnalo la serie Undone su Amazon prime video e il cortometraggio Negative space (che potete facilmente trovare su YouTube).

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