Phoebe Waller-Bridge è la mente e il corpo di Fleabag e io non smetterò mai di ringraziarla. Con questa seconda e ultima stagione ha acceso quella scintilla di sensibilità solo accennata nella prima e non ha perso neanche per un attimo il brillante umorismo che la contraddistingue.
La trama è semplice: una trentenne londinese che fa tutti i giorni a pugni con la sua vita e la sua complicata famiglia. Fleabag (che letteralmente significa “persona spiacevole”) fin da subito rompe la quarta parete e si rivolge al pubblico, creando una connessione istantanea e indistruttibile. Si confessa e parla di qualsiasi cosa, non ha paura di mostrarsi per quello che è. La sua spontaneità è ipnotizzante. Tra battute e espressioni facciali inserite a regola d’arte nella narrazione, le puntate scorrono veloci e trascinano sempre di più.
Le serie comedy tendono spesso a unire puntini e chiudere cerchi forzatamente, soprattutto quando vengono allungate per tante stagioni. Non fraintendetemi, io adoro le sit-com come Friends e New Girl, ma a volte ho bisogno di vedere storie irrisolte, fatte di situazioni imbarazzanti e rifiuti, di parole sbagliate e occasioni perse. Ma anche piene di legami profondi e immotivato coraggio, soprattutto quando niente sembra andare per il verso giusto. Storie più vere insomma. Perché la vita è questa, e vederla riflessa su uno schermo esattamente così com’è fa bene.
Negli ultimi anni il genere della commedia sta subendo finalmente una rivoluzione dando vita a meraviglie come Fleabag, After life, Master of none. Serie tv brillanti, emozionanti, imprevedibili e che meritano davvero di essere viste.
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