Credo di aver scoperto Damien Rice grazie ai telefilm, alcuni dei suoi brani infatti sono stati usati ad esempio in O.C. o Dr. House. Ma è stato solo dopo aver visto Closer di Mike Nichols, in cui The Blower’s Daughter fa da cornice a un incipit perfetto, che ho iniziato ad ascoltare questo artista con più attenzione.
Nel 2002 Damien Rice pubblica il suo album d’esordio O senza appoggiarsi a una grande casa discografica, producendosi anzi autonomamente. Il successo arriva praticamente subito, le sue canzoni spopolano non solo in Gran Bretagna e Irlanda ma in tutto il mondo, e l’anno dopo vince anche il Shortlist Music Prize. L’album è una meraviglia, delicato e graffiante, cupo ma anche pieno di vita. Oltre alla canzone più famosa, la già citata The Blower’s Daughter, in O ci sono anche Delicate e Cannonball. Quest’ultima è incredibile, melodie dolci si intrecciano alla nostalgia del testo mentre la sua voce è a un passo dallo spezzarsi. Come se trattenesse un pianto, un magone, ma senza mai rivelarlo e anzi trasmettendo una sensazione di profondo coraggio.
Nel secondo album troviamo 9 crimes, una ballata che con suoni familiari spezza il cuore. Cantata insieme a Lisa Hannigan, sua collaboratrice fin dall’inizio, è indubbiamente una delle sue opere migliori. Il terzo disco, uscito nel 2014, è My Favourite Faded Fantasy in cui spicca I don’t want to change you. In generale il suo stile negli anni resta invariato, pur sperimentando verso il folk o verso il rock. Ciò che colpisce di lui infatti è da ricercarsi nell’animo, nella sensibilità, nella sua capacità di capirti e confortarti anche nei momenti più difficili. Le sue canzoni hanno questo potere, e non è poco.
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