Venezia, inizio ottobre. Le foglie iniziavano a cadere e nell’aria c’era già un accenno di nebbia. Pensai che non avevo l’ombrello e che sarei rimasta davvero fregata se avesse cominciato a piovere. Stavo andando in stazione quando un ragazzo con la giacca di pelle e una bella ragazza dai capelli lunghi mi tagliarono la strada. Si voltarono subito e mi sorrisero chiedendomi scusa.
Andavamo nella stessa direzione e non potei fare a meno di guardarli. Erano molto vicini, camminavano in fretta. Lui parlava e la guardava per cercare una reazione sul suo viso, lei non si girava mai. Annuiva soltanto e andava avanti gesticolando, ma non si girava. Mai. Per un momento vidi il profilo di quel ragazzo biondo e il suo sguardo a metà fra l’agitazione e l’emozione. La guardò per più di qualche secondo rischiando di andare a sbattere contro un palo della luce. Era nervoso. Improvvisamente allungò una mano verso la sua, i suoi occhi erano di nuovo fissi su di lei e riuscivo a immaginare i battiti del suo cuore che aumentavano. Agitazione e emozione. Lei si girò. Uno sguardo fugace, una semplice occhiata senza significato. Ma lui ritrasse la mano subito e la mise in tasca. Da quel momento non la guardò più. Come se avesse capito, come se con quello sguardo lei gli avesse detto: “No, mi dispiace”. Dai, non poteva finire così. Magari era nervosa anche lei o davvero non gliene frega niente di te. Ma non puoi saperlo, vero? O forse sì, forse lo sai.
Un uomo coi baffi mi pestò il piede senza chiedere scusa e quando rialzai lo sguardo la bella e il biondo non c’erano più. E non c’era più neanche quel momento di coraggio inconsapevole. Forse non ci avrebbe provato più, forse sapeva e basta.
O forse era tutto nella mia testa mentre ascoltavo Bon Iver.