Che esordio incredibile quello di Emma Seligman.
Shiva baby è un ritratto generazionale claustrofobico, denso. Si parla di identità e relazioni in un modo nuovo, a tratti ironico e subito dopo disturbante. La pressione sociale viene descritta a regola d’arte, l’ansia è palpabile e esplode in scene spesso concitate. I primi piani, i dialoghi, le musiche. Tutto è soffocante.
L’impressione è quella di assistere a un thriller più che a una dramedy. È una visione in apnea, un incubo che rivela le angosce di qualunque ventenne. E Rachel Sennott le impersona alla grande.
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