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Film

Un sogno chiamato Florida

Elisa

Un sogno chiamato Florida mi ha riempito gli occhi di lacrime e colori, mi ha incantato e spezzato. È un dramma senza pietismi, una realtà concreta ai limiti della tragedia che, raccontata dal punto di vista dei bambini, ha un impatto devastante su chi la osserva da lontano.

Moonee è una bambina che vive con la giovane madre Halley in un motel alle porte di Disney World. Insieme agli amici del quartiere trascorre l’estate inventandosi scherzi e giochi che mettono a dura prova la pazienza del custode Bobby, personaggio cardine dell’intera storia e interpretato da un meraviglioso Williem Dafoe.

Il regista, mettendo la telecamera all’altezza dei bambini, immerge lo spettatore in un quadro fatto di avventure e colori pastello che per contrasto fa emergere ancora di più la povertà e la sofferenza che pervade l’intera situazione. La vivacità di Moonee e dei suoi amici sbatte contro i problemi dei grandi, problemi che volutamente vengono messi in secondo piano in ogni scena risultando ancora più ingombranti. Ed è solo negli ultimi minuti, sul finire di una narrazione lineare e senza colpi di scena, che si apre quella voragine fino a quel momento solo evocata. La dolorosa magia che si crea in quegli istanti vale l’intero film.

Un sogno chiamato Florida mi ha fatto pensare alla strofa finale della poesia Il cielo di Wislawa Szymborska:

La divisione in cielo e terra
non è il modo appropriato
di pensare a questa totalità.
Permette solo di sopravvivere
a un indirizzo più esatto,
più facile da trovare,
se dovessero cercarmi.
Miei segni particolari:
incanto e disperazione.

Incanto e disperazione.

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