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Costantino Kavafis, Settantacinque poesie

Elisa

Nelle ultime settimane ho scoperto Kavafis.
Quando ho letto la poesia in copertina ho perso un battito. Mi sono fermata sulle ultime due parole: stucchevole estranea. La vita, non farne una stucchevole estranea. La vita, non sciuparla.

Le parole che usa sono piene, precise, trattate con cura. Benigni in uno dei suoi monologhi più belli (tratto dal film La tigre e la neve) dice: “Cercate bene le parole, dovete sceglierle. A volte ci vogliono otto mesi per trovare una parola. Scegliete, perché la bellezza è cominciata quando qualcuno ha cominciato a scegliere”. E Kavafis le sue parole le sceglie eccome.
La sua scrittura, all’apparenza così semplice, è qualcosa di meravigliosamente complesso. Ogni cosa è al suo posto, forma e contenuto si arricchiscono a vicenda in un modo incantevole lasciando spazio all’immaginazione e alla riflessione. Una delle cose che ho apprezzato di più è la sua capacità di essere accessibile e intricato allo stesso tempo, è in grado di comunicare già alla prima lettura, ma alle successive spalanca le porte a mondi sconosciuti. La sua poesia emoziona ancora prima di capirla.

Kavafis è un autore che necessita studio e attenzione, un autore che avrà sempre qualcosa di nuovo da dire. Mi ha stupito, coinvolto, illuminato. E sento che è ancora tutto da scoprire.

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